CRISTINA BALMA-TIVOLA

KRI "muovere [k] liberamente [ri]" | STI "stare [s] in moto [ti]" | NA "effetto [ā] del soffio vitale delle acque [n]"

La Libera Città di Christiania

Christiania rimane in vita, riscattando per 10 milioni di euro il terreno sul quale sorge. Gli ‘occupanti’ – in futuro legittimi proprietari – di una vasta ex area militare abitata abusivamente dal 1971 potranno rimanervi e continuare a vivere nella Libera Città con la propria valuta, le proprie leggi, la proprio democrazia diretta, nonché tutta una serie di negozi e servizi quali la sauna, il ristorante, l’asilo per i bambini ecc. Come troveranno il denaro non si sa, ma qualcosa faranno – d’altronde l’inventiva non manca loro, visto che in passato alcune loro idee per soluzioni ecocompatibili si sono poi diffuse ben oltre i confini locali, come nel caso delle biciclette a tre ruote con carrello porta-bambini.
Sono stata a Christiania nel 1989. Giravo in inter-rail col mio zainetto in spalla e il sacco a pelo, e sempre finiva che mi intruppavo con busker vari in ogni dove e passavo le giornate per strada a chiacchierare con loro, a coccolare cani (c’erano sempre cani), a farmi cuocere dal sole per ore e a raccogliere soldi per loro quando si esibivano con i loro strumenti.
E anche quella volta avevo conosciuto in questo modo una giovanissima (eravamo entrambe poco più che maggiorenni) violinista giapponese che conviveva con un ragazzo danese residente appunto nella cittadina anarchica. Finito di suonare, a metà pomeriggio, avevamo camminato insieme dal centro città a Christiania, lei con la sua bicicletta portata a mano, e io che invidiavo quella sua scelta così coraggiosa di stare – seguendo un rapporto d’amore – lontano dalla famiglia, in un altro paese, in una comunità hippy/punk/anarchica all’epoca ben meno legalizzata di oggi, a vivere con ciò che riusciva a tirare su dal lavoro di musicista per strada.
Quando fummo lì, lei mi introdusse al luogo, poi mi salutò. E io, nelle luci del tramonto, girovagai in lungo e in largo, spostandomi dalla via principale con le sue caserme riadattate a ospitare i negozi e inoltrandomi nella parte più selvaggia e riservata – tra alberi, il ‘laghetto’ interno, le case più improbabili costruite con legno, lamiere e materiali di recupero di ogni genere sulla riva di questo. Qualcosa che ricordava le baracche cajun in Louisiana – sebbene ovviamente la vegetazione fosse completamente diversa.
Si sta bene quando ci si riconosce tra simili e immediatamente scatta quella fiducia per cui per esempio – sebbene non si potessero scattare fotografie – mi permisero di farne (e qui non le vedrete proprio in virtù di quel tacito accordo con loro di tenerle per me).
Per chi ha tempo/piacere per la visione di un documentario segnalo Christiania, you have my heart, realizzato da Nils Vest nel 1991, che racconta la vita nei primi 20 anni della città.
Sì, si può decisamente vivere in altri modi, ovvero nonostante lo stato, le sue leggi, le sue perversioni.