CRISTINA BALMA-TIVOLA

KRI "muovere [k] liberamente [ri]" | STI "stare [s] in moto [ti]" | NA "effetto [ā] del soffio vitale delle acque [n]"

Atti simbolici in microesplosioni controllate

Poco più d’un anno fa pubblicavo qui un piccolo post dal titolo “Continuare a danzare, finché ci sarà musica“. Riportava un brano da Murakami, in particolare dal libro Dance, dance, dance che è il mio preferito tra i suoi romanzi. Quando sono disperata, di fatti, ho imparato ad adeguarmi a quel testo e l’uomo-pecora, piano piano, muta poi nuovamente le mie giornate in positivo.

Un po’ come il motto “Keep calm and carry on” che continuiamo a vedere usato nell’ultimo anno un po’ dappertutto. Tipo “stringere i denti e andare avanti”, sebbene per me le istruzioni di Murakami siano più puntuali rispetto ai suddetti motti invero generici – definiscono piuttosto una modalità, uno stile, e un’intera prospettiva d’azione che include la speranza.

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Poi mi chiedo anche se ancora si possa, oltre a fare ciò, compiere qualche ‘azione’, e nella deriva politica (e ancor prima culturale) attuale, penso in primis – come ho scritto più volte – che il cambiamento dovrebbe cominciare da noi stessi, così come che nella società ipertecnologica attuale – dominata dagli interessi forti della finanza – proteste quali manifestazioni di piazza, anche quando vedano una partecipazione numerosa, non servano più a nulla perché proprio noi non contiamo più nulla di fronte a chi dovrebbe solo regolamentare e non depredarci. Di contro a scioperi e occupazioni a oltranza che potrebbero invero funzionare, così come – sebbene la veda meno realistica – la capacità, volontà e determinazione di diventare ‘tecnici’ noi stessi potrebbe portarci a confrontarci ad armi pari con lorsignori, e magari spuntarla.

E poi, più ingenuamente, ma coerentemente con la mia identità e il modo in cui penso alla mia vita e al mio (insignificante – come una goccia nell’oceano – ne sono ben cosciente) ruolo in questo mondo, penso anche che bisognerebbe forse fare qualche azione di massa a livello simbolico sia per dare una sveglia ai begli addormentati nel bosco della tv degli ultimi vent’anni, sia per affossare nella vergogna e nella devastazione emotiva i lorsignori in questione. Penso ad azioni sceniche, teatrali, mediatiche così inaudite e disperate e su numeri così grandi da non poter passare inosservate. Mi chiedo anche, però, cosa sia possibile fare più di quanto Occupy, Anonymous, e qui anche solo (si fa per dire) i NoTav stiano già facendo.

Ché tutte le pensate simboliche che mi vengono sono altamente autodistruttive, se devono far capire ai più, inclusi i nostri carnefici, che ci stanno uccidendo e una coscienza, da qualche parte, questi ultimi devono pur averla: sono persone anche loro, non è possibile che l’abbiano uccisa – altrimenti come fanno a respirare ancora? Cosa tiene in vita un essere umano se non il ‘provare qualcosa’? 🙁

Cosa si potrebbe fare, mi chiedo? Ché le microcariche controllate, ma esplose in sequenza, a volte provocano fragilità tali nelle strutture che alla fine queste man mano implodono…

Vi lascio con un’immagine bella e intensa – quella più famosa di Banksy – da lui stesso reinterpretata per la mostra Art in the Streets. Altre foto le trovate qui.