Contro il matrimonio, essere amore: per nuove soluzioni alla solitudine e alla paura dell’assenza di senso della vita
27 Ottobre 2012
di poterlo definire come “scelta intenzionale masochistica di
sottoporsi a condizione di dominio privato (coniuge) e di qui
collettivo (religione/stato per il tramite della legge su quel
contratto) e di barattare amputazioni di sé in cambio dell’illusione d’essere amati e curati in caso di bisogno”.
Il matrimonio non ti renderà meno sola/o (ti fa solo credere di non esserlo, costringendo una persona a vivere con te, a sentire le tue parole dopo giornate faticose, a fare sesso come dovere istituzionale), non ti dà la certezza d’essere amato e curato, non ti salva dalla morte dotando la tua vita di un qualche senso: il matrimonio è
un’istituzione come altre che un sistema perverso (religione o stato) s’è inventato per evitare che i membri più fragili, paurosi e deboli di mente della società diano di matto di fronte all’insensatezza della vita.
Quando ci si sposa viene legittimata di fatto la possibilità di nutrire aspettative e proprietà sull’altro/a (e ciò riproduce la relazione di dominio stato/religione->società in piccolo, così come forma il primo nucleo di base di quel sistema di dominio da parte di stato/religione sulla società).
e che quindi si autoriproducono per inerzia; c’è la delega della propria libertà di scelta quotidiana, così come dell’intenzionalità delle proprie azioni verso l’altra/o; c’è la sospensione del pensiero e della volontà perché tutto è già stato deciso e stabilito; c’è il riprodursi della paura sedata e controllata con la grande illusione dell’appartenenza a qualcosa di ulteriore divino (v. religione) o umano (v. stato).
Non è infinitamente più vero, disincantato, realistico, coraggioso, puro, intenso, vivo, serio, scelto, voluto cominciare a pensare alla sintesi di libertà-responsabilità-solidarietà come nuova premessa delle nostre relazioni?
1) Libertà. Scelgo ogni giorno (e giorno per giorno) di amare una o più persone e di permettere che loro facciano lo stesso, nella totale libertà, ovvero nell’assenza di qualsiasi pensiero di dominio, aspettativa e possesso; imparo a gestirmi con l’intelligenza (perché sono un essere umano, non un animale) gli istinti di gelosia, esclusiva e possesso (che provo in quanto – come essere umano – sono anche, ma non solo eh?, un animale) e a liberarmi anche da questi che sono – a ben vedere – ulteriori schiavitù; combatto la paura senza andare fuori di testa per la disperazione dell’assenza di senso, ma vivendo concretamente con passione e coraggio la vita mia e altrui.
2) Responsabilità. Così come mi prendo la responsabilità delle mie scelte, e delle conseguenze di rifiuto di presenza altrui (=della mia solitudine) se gli altri con cui sono in relazione non riescono a ‘starci dentro’, così non devo avere una legge a ricordarmi che devo amare qualcuna/o e starle/gli vicino (ma seriamente, non a parole!) per farla/o crescere nella realizzazione delle sue aspirazioni e della sua vita! Cerco l’equilibrio nella soddisfazione del mio desiderio (amor proprio) e impongo limiti a tutela della mia persona, così che l’altro/a che sta in una qualche relazione con me sia forzato a fare lo stesso, e impari a prendersi la responsabilità di sé e delle proprie scelte. Amor proprio, responsabilità di sé e insegnamento indiretto di prendersi la responsabilità di sé agli altri sono tutte cose che vanno a braccetto.
3) Solidarietà. Ché di famiglia (o di qualsiasi ‘formazione sociale’ che soddisfi le nostre necessità di cura e di protezione) abbiamo bisogno come esseri umani, ma questa sta nel mettere in relazione la suddetta responsabilità con il prenderci reciprocamente cura gli uni degli altri ma non a mò di autosacrificale carità cristiana: io parlo proprio di schietto e onesto guadagno che deriva su lungo tempo dall’altruismo rispetto all’egoismo in un sistema esteso di solidarietà. Per questo la mia solidarietà non si rivolge mai a un’unica persona, ma è amore e cura verso l’umanità: percorrere insieme agli altri un pezzo della propria esistenza, consapevoli che poi nel tempo si cambiano compagni di viaggio o direzioni, non significa lasciar crepare per strada chi va altrove o ha nuovi compagni più fragili, incapaci o immaturi di noi che non sanno starle/gli dietro quando necessario!