Esondare per non esplodere
25 Novembre 2013
“Anche tu la senti arrivare?”.
Io invece non faccio nulla. O meglio, qualcosa faccio e non è proprio una cosa da poco: l’anima si carica, come un fiume man mano ingrossato da piogge continue, fino al punto in cui comincia a esondare e fluisce in piena travolgendo canali e campi, distruggendo ponti, erodendo argini e – dopo aver percorso così vallate e pianure – si placa.
In realtà, poi, a ben vedere, è un fiume intelligente e giudizioso: distrugge sempre ciò che non tollera più perché nel suo scorrere abituale è ormai inaccettabile, e mostra una certa cautela con ciò che invece non ne può nulla e abitualmente non fa danno.
Insomma, travolge ciò che l’incuria umana gli ha depositato addosso impedendone un corso tranquillo…
Ma non è così.
E io penso che sto gestendo la mia anima come con una valvola o una diga. E che un giorno, quando sarà troppo carica di dolore, la farò saltare, anziché aprirla.
Un giorno salterà e basta – smetterò di impedirmelo. L’mp3 nelle orecchie, butterò tutto per terra e inizierò a ballare Seven Seas o The Passenger per strada, isolata da questo mondo e da chi lo vive senza pensare, persa nelle sensazioni di quella perfetta solitudine.
Quel giorno sarò felice. Quello sarà il giorno perfetto.
Quello per il quale vale la pena vivere.
[Barcellona, sul porto, 25|11|2013]