Qualche riflessione su La grande bellezza
7 Febbraio 2014
Sono passati molti mesi da quando questo film è uscito, e la sottoscritta non aveva mai trovato occasione di vederlo – pur se le numerose recensioni, di volta in volta a favore o contro, avessero suggerito alla vostra Minerva che valesse decisamente la pena vederlo e farsi la propria opinione in merito. Ragion per cui, mesi fa, ne sospesi la lettura rimandandola a quando l’avessi potuto godere in prima persona – cosa che è finalmente accaduta pochi giorni orsono.
Sì, lo so che non è bello, che non avrei dovuto, che avrei magari dovuto essere solidale con la tragedia di questa umanità. Ma no, perché costoro sono così tragicamente alla deriva che non mi ci potevo immedesimare (discorso a parte per il personaggio della Ferilli, del quale dirò più avanti).
E Sorrentino, che è un furbastro, forse l’ha fatto proprio intenzionalmente a girare un film con così tanti personaggi così meravigliosamente mal riusciti – per me bozze d’esseri umani nella vita così come sullo schermo.
Eppure Jep, per come lo ‘sento’ io, è un bellissimo e completo personaggio proprio perché in sé incarna tante contrapposizioni che lo rendono umano e divino al tempo stesso: ama l’ – dice – e non sappiamo se credergli o meno visto che quell’odore lo conosciamo bene come ‘anticamera della morte’ (qualcosa che tanto bella, come esperienza, magari non è, eh?), e la sua non è malinconica rimembranza del primo amore quanto della giovinezza e di un rapporto col tempo che ora si conta non più come apertura e potenzialità, bensì come anni di vita rimanenti.
Per non dire della sua disperata ricerca di confronto sul senso dell’esistenza continuamente frustrata dalle autorità religiose – patetiche e mediocri addirittura più degli altri personaggi tossici e caciaroni di cui pullula il film.