Eliminare il verbo DOVERE dal proprio vocabolario
29 Settembre 2013
Nove volte su dieci il verbo “dovere” viene impiegato per spiegare la ragione per la quale si fanno cose che in altre condizioni non si farebbero – ovvero per giustificare azioni apparentemente imprescindibili, frutto di scelte operate nel passato.
Il che significa che, tanto per cominciare, bisognerebbe stare molto più attenti alle conseguenze – in particolare economiche – delle proprie azioni, e agire con cautela e pensando un po’ più in là del momento, ovvero ragionando su lungo periodo, specie se le nostre azioni prevedono ricadute potenzialmente pesanti su noi stessi in termini di responsabilità.
Poi, comunque, anche in questo caso, esistono sempre alternative anche se queste – per garantirci la sopravvivenza e per garantirla a coloro dei quali abbiamo responsabilità – significano sempre più perdita di cose, di benefici, di affetti, di frequentazioni importanti: ovvero nessuno dice che le soluzioni alternative (vedi espatri e migrazioni, vendita di tutto ciò che si ha, autocondanna a quella che ci sembra un’esistenza nella ‘miseria’) non siano/saranno pesantissime.
Indipendentemente però dalle alternative a noi disponibili – il verbo “dovere” è una vera porcata di parola. Fa il paio con ‘speranza’ – ovvero trattasi di termini solo apparentemente nobili ed edificanti, ma in realtà castranti e promotori di sottomissione, paralisi, mortificazione, schiavismo, inazione.
Provate a togliere quindi tale verbo dal vostro vocabolario quotidiano: eliminatelo proprio.
Non fatevelo sfuggire dalla bocca. Mordetevi la lingua quando vi sta per uscire fuori.
Cercate di abituarvi a non usarlo più, a non pensarlo, e a ricorrere piuttosto a giri di parole per esprimere il medesimo concetto.
Forse capiterà anche a voi ciò che è successo a me – che non riesco più a dirlo perché non riesco più a pensarlo per la mia vita. Non riesco più a concepire quel ‘dovere’ con la medesima intensità.
Ciò che mi è accaduto è che, man mano che mi sono abituata a spiegare in modo diverso la ragione per cui faccio cose anche molto dure e faticose, anche forzandomi, non credo più al concetto di ‘doverle fare’, ma le faccio in quanto risultato di una scelta intenzionale e personale, di volta in volta in base a ragioni e opzioni differenti, e di volta in volta più ponderata e meno ‘costretta dalle circostanze’ – per quanto sia faticosa l’alternativa.
Le circostanze sono dei limiti – come dei paletti – ma all’interno di quelli, e forzandoli costantemente, le scelte sono mie. Più assunzione di responsabilità, e meno vittimismo.
Eliminate quella parola, e provate a cominciare a sostituirla con un discorso – vedrete poi come cambierà la vostra percezione di voi stessi e del vostro agire!