Vivere nel sospetto? No, grazie :-)
5 Luglio 2013
La mia lattaia esce dal negozio e mi controlla la bicicletta, in modo tale che non debba legarla, mentre compro la mozzarella e le lascio i soldi sul bancone. “Massì, figuriamoci se me la rubano”, le dico. E dire che non è passato molto da quando ho subito un pessimo furto che m’ha destabilizzato per bene. E lei commenta: “Fai male, bisogna sempre sospettare, ché la gente è cattiva”.
“Io parto sempre dal presupposto che pure il mio migliore amico possa da un momento all’altro, e senza una ragione a me comprensibile, piantarmi un coltello in mezzo alla schiena”, mi disse molti anni fa un conoscente. Beh, essendo lui un commercialista, pensai che magari tanto pessimismo derivasse da ragioni professionali.
“Devi smetterla di darti tanto in giro, devi imparare a trattenerti un po’. Tu sei troppo generosa”, mi dice la mia amica. A parte che non mi sento ‘generosa’ – semmai provo compassione per la sfortuna che hanno coloro che entrano in contatto con me i quali si ritrovano sempre, prima o poi, a venire ribaltati dentro e fuori come un calzino dalla sottoscritta – ma poi perché dovrei ‘trattenere’ qualcosa di me? Perché non mi si destabilizzi?
Eggià, è come quando uno fa una cattiva azione e poi – anziché ammetterla e prendersene le responsabilità spiegando perché l’ha fatta – tace e, a te che invece sai, spiega che se sta in silenzio non sta realmente dicendo una bugia, perché ‘omettere di dire la verità’ non è proprio ‘mentire’.
(con buona pace della propria coscienza
che evidentemente è ormai così
lurida
lurida
da essere complice di qualsiasi nefandezza uno si racconti).
……
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Vi è arrivato il mio flusso di pensiero, ne sono certa.
Io penso che la vita sia un affare così già abbastanza complesso da gestirsi e risolversi che se dobbiamo pure guardarci le spalle in continuazione, pensare che tutti siano lì per fregarci e approfittarne di noi e di qui mettere in atto strategie di continuo nascondimento, autoprotezione, diffidenza, sospetto, calcolo, controllo siamo già complici de promuovere la sopravvivenza di questo mondo che tanto critichiamo e condanniamo.
Certo – mi potreste dire – ma si prova dolore a venire derubati, picchiati, offesi, violentati nel corpo o nell’anima. Si può provare tanto dolore. Si può rischiare di perdere tutto, dal precario equilibrio emotivo in cui vivi la tua fragile esistenza alla tua stessa vita.
E pensate che non lo sappia? Lo so bene: può essere devastante.
Puoi addirittura ritrovarti a guardare continuamente giù da un balcone e avere molto poco che ti trattiene. Figuriamoci quando, come nel mio caso, basi tutta la tua vita, le tue relazioni e ciò che fai proprio sull’opposto – sulla sincerità, sulla trasparenza, sulla fiducia in una sostanziale bontà dell’essere umano.
Sì, mi si può anche dire (e in molti, giustamente, l’hanno fatto, con tanto di mio ovvio riconoscimento della giustezza della seguente osservazione): “L’essere umano è e basta, non è né buono né cattivo, così come la vita è e basta, non sta scritto da nessuna parte che il fine di questa debba essere la tristezza o al contrario la felicità dell’essere umano – chi l’ha detto che la vita debba per forza essere una buona esperienza?”.
“E infatti io non ho avuto figli, demente, così da non condannare nessuno allo strazio di farsi queste domande senza potersi dare risposte definitive e risolutive”.
(altra nota a margine: chissà perché quelli che criticano
il mio atteggiamento così fiducioso verso l’essere umano
e così coraggioso verso una vita trasparente e sincera
siano sempre tutte persone che hanno avuto figli…
dà da pensare no? E a me dà pure molta tristezza…)
No: nella tristezza e nello squallore del sospetto non ci voglio proprio vivere. Non riesco neanche a concepire il pensiero di non annoverare il rischio di guardare giù dal balcone se ciò che ci guadagno è di converso la felicità più assoluta e complice tra miei simili parimenti coraggiosi, svegli e disincantati che hanno capito che di vita ce n’è una sola, quindi – che se ne trovi un senso o meno – meglio viverla veramente, costi quel che costi, nel frattempo 😉
Non è questione neanche più di coraggio: è questione d’essere vivi, o già morti.
Ché in questo secondo caso un volo dal balcone non fa alcuna differenza (però vi precluderà il godimento sincero, assoluto, e appassionato di tutto questo, ergo datevi una svegliata…).