Il 25 novembre si celebra la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Sono persuasa che queste giornate servano a poco, e che l’impegno per evitare abusi, sopraffazioni, omicidi debba essere personale e quotidiano. Sono anche persuasa che la violenza non sia sempre a senso unico uomo -> donna, sebbene poi statisticamente siano le donne quelle che in Italia vengono massacrate in numeri infinitamente più alti di quanti non siano gli uomini uccisi dalle donne*.
I meccanismi della violenza che ciascuno dei due sessi attiva verso l’altro sono diversi, ma sono meccanismi in ogni caso di sopraffazione e di dominio dell’altro. Ecco, io penso che questa visione sia da combattere, e poco mi importa il genere che l’attua. E – mi correggo – non solo è da combattere: è da vincere.
Il pezzo che segue l’ho scritto alcuni anni or sono, in ricordo di un’esperienza molto pesante da me vissuta in passato. Vi anticipo che per me è durissimo pensare di pubblicarlo, ma c’è una ragione precisa per cui pensavo da tempo di farlo: che quando si è vittime si pensa d’essere co-responsabili della violenza che subiamo o addirittura di meritarla. O, al contrario, ci si elegge a martiri in nome dell’amore. Beh, non è amore, non è passione, non è follia. E’ pura e semplice perversione dei rapporti umani, che appunto va combattuta e vinta.
Qualcuno rubava il mio zaino, quello in cui tengo il mio lavoro, quello in cui tengo la mia vita. Libri, macchina foto, quaderno, soldi, cellulare – ciò con cui tengo traccia delle persone che incontro. Nello stesso sogno, in passato, il ladro era un mio ex – lo ‘psicotico bastardo’, come l’ho chiamato da allora. Mi derubava per riempire il suo vuoto, non avendo carattere, né passioni, né personalità, né interessi.
Rubava le vite altrui. Succhiava le altrui energie fin dentro le ossa e quando trovava una persona buona, amorevole, gentile la distruggeva a botte di umiliazione, violenza, manipolazione.
Ci sono uomini che umiliano e picchiano le donne. A volte le uccidono.
Ieri un uomo ha ucciso la moglie a Siviglia.
Un gruppo di Facebook eleva lo stupro a “naturale istinto maschile”.
Ovunque tenda le orecchie, sento simili voci.
Ovunque guardi, vedo donne agire come infermiere per il proprio uomo.
Vedo donne che sperano di alleviarne la pena esistenziale, che accettano di subire i suoi sfoghi, che ripetono a se stesse “cambierà, grazie al mio amore e alle mie cure… cambierà, grazie al mio amore e alle mie cure…”
….
No. Non cambierà. Perché se aprisse gli occhi, vedrebbe la propria miseria e la propria nullità.
Perciò no, non lo farà. Ma distruggerà oltre la donna che l’ha sempre accudito quando questa oserà ribellarsi al ruolo di infermiera-vittima-madre consolatrice.
Perché quella donna – levatelo dalla testa – non è la donna perfetta.
Quella donna ha osato ribellarsi e quindi va punita.
E ti punirà, picchiandoti e umiliandoti ancora, perché non sarai perfetta ma assorbi bene le sue frustrazioni – in calci, pugni e insulti.
E poi piangerà, pentendosi di ciò che ha fatto, ti chiederà perdono, e dirà che non era in sé.
E tu fingerai di non vedere l’accenno di ghigno, nella sua bocca e nei suoi occhi (quello che corrisponde al “Ce l’ho fatta di nuovo a fregarla”).
Durerà poco: un mese?, 15 giorni? Tre? E poi ricomincerà tutto daccapo.
Sono scappata e ancora ho cicatrici all’interno del corpo, invisibili. Solo io so che ci sono e le sento riaprirsi – come ferite mai rimarginate – ogni volta che altrui parole, di sfuggita, suoneranno come campanelli d’allarme.
Si diventa attente, percettive, sofisticate. Si diventa ipersensibili, spaventate e paranoiche.
La legge li protegge, e interviene dopo l’omicidio. La società li giustifica perché forse già vittime loro stessi, in un passato remoto, nell’infanzia.
Ma spiegare non significa giustificare.
So che sarò un persona che farà sempre attenzione, che a volte ne farà addirittura troppa.
So che sarò sempre onorata di godere dell’amore altrui. So che farò attenzione a chi mi amerà, conoscendo la debolezza di chi è innamorato e non abuserò mai di questo potere.
Ho carattere, personalità, passioni, interessi ed esperienze. Un po’ fredda, ma affettuosa e protettiva con chiunque ami.
Nessuno mi può più violentare.
Nessuno mi può più derubare.
Mi sveglio al mattino e lo zaino è ancora lì.