Bruce Chatwin, la camera delle meraviglie e un gioco col quale siamo tutti artisti
9 Luglio 2011
Bruce Chatwin 20enne al lavoro. |
Sono persuasa che ogni persona sia potenzialmente un artista, e abbia assoluto diritto alla libera espressione di sé. Ci sono momenti in cui ciò che sta dentro di noi chiede urgentemente d’essere tirato fuori e rielaborato, quindi ‘risolto’, nella condivisione con gli altri.
La parola poetica o narrativa, la pittura, la fotografia, la scultura, e via dicendo possono esprimere le sensazioni che proviamo e ‘mediare’ nella relazione tra noi e gli altri rendendo visibile – comunicabile – il nostro pensiero e le nostre emozioni e i nostri sentimenti.
Così come la pratica continuativa dell’espressione di noi stessi e del confronto con altri – ovviamente con soggetti attenti, riflessivi e disponibili* e in un contesto non offensivo, mortificante, violento – ci permette di imparare tecniche e acquisire competenze per rendere le nostre produzioni espressive sempre più efficaci in relazione a ciò che vogliamo comunicare.
Così come la pratica continuativa dell’espressione di noi stessi e del confronto con altri – ovviamente con soggetti attenti, riflessivi e disponibili* e in un contesto non offensivo, mortificante, violento – ci permette di imparare tecniche e acquisire competenze per rendere le nostre produzioni espressive sempre più efficaci in relazione a ciò che vogliamo comunicare.
Bruce Chatwin è senza dubbio uno dei miei scrittori preferiti – sia a livello di modalità narrativa, sia in termini di sensibilità e irrequietezza – che nasce come mercante e collezionista d’arte per diventare casualmente viaggiatore, narratore e fotografo. Un suo libro di scatti, dal titolo L’occhio assoluto, si apre con l’immagine di una God Box – termine usato per designare una teca che raccoglie l’assemblaggio di un timpano di leone, un geco essiccato, una piuma, un organo interno non identificato e due zampe d’uccello avvolte in un tessuto. Chatwin ne produsse invero molte altre, ma progressivamente le distrusse anche, nel corso della propria vita.
Non vi propongo di realizzare assemblaggi, quest’estate, spennando pennuti o truculentemente salvando ossicina animali dalle vostre carnivore libagioni: giammai! Vi propongo bensì di lasciarvi ispirare dall’idea in sé di creare delle “microteche delle meraviglie“, riproducendo in piccolo – secondo la vostra sensibilità del momento – il concetto di ‘stanza delle meraviglie‘. E di rendere tali teche opere fruibili da amici e visitatori, concependole e lavorandoci sopra come vere e proprie nostre produzioni artistiche.
Come fare? Provate così…
D’estate si sta molto più all’aperto, si va in giro, si cammina in ambienti naturali montani o marini. Oppure si fanno passeggiate per città d’arte e mercatini dell’usato. Si scattano fotografie, si leggono di più i quotidiani, si usano piccoli oggetti anche in modo differente dalla loro funzione abituale (pensate a chi disegna schizzi sui tovagliolini mentre prende un caffè).
Raccogliete tutto ciò in cui vedete qualcosa di bello, o qualcosa che vi smuove l’anima in quell’istante o ancora che potrebbe diventare essenza concreta di un pensiero fugace. Pensate ovviamente alla sua possibilità di conservazione, e leggete in rete come fare nel caso di fibre atamente deperibili (come nel caso di foglie ecc.).
Disponete quindi su un banco da lavoro tutti questi oggetti e cominciate a pensare a collegarli come in una storia, o una poesia: cercate un pensiero comune, una sintesi, o una traiettoria emotiva che sentite dentro di voi e volete esternare oppure un’emozione che vorreste provocare in chi vedrà il vostro lavoro.
Procuratevi ora un vecchio cassetto – qualcosa che ne abbia resistenza e dimensioni atte allo scopo. Chiudete la teca con una lastra di vetro (o meglio plexiglas) tagliata su misura e agganciata al cassetto con piccole cerniere su quello che rimarrà il lato orizzontale superiore della stessa una volta appesa, e dotatela altresì di gancio idoneo allo scopo. E’ più complesso provare a spiegarvelo che farlo, vi assicuro!
Sempre per vostra comodità, un micropomello alla base del vetro fissato con una goccia di colla a forte tenuta vi permetterà di aprire e chiudere la teca quando necessario.
Foderate ora l’interno della teca con il materiale a voi più congeniale (tessuto, carta da regalo ecc.) e nel colore e nella fantasia più adeguati per far risaltare (o addirittura dare un senso, una possibile modalità di lettura a) gli oggetti che vi ospiterete.
Quindi cominciate a disporli, avendo cura di bloccarli sul fondo con colla dalla tenuta appropriata e ricordando che poi la vostra teca verrà appesa in verticale.
La microteca delle meraviglie potrà ospitare oggetti, ma anche immagini e parole – tutti questi anche eventualmente preventivamente elaborati uno a uno (per esempio strappando una pagina di un block-notes in cui avete scritto un appunto, o accartocciando una pubblicità da un giornale ecc.).
Potrete costruire teche nel tempo, sentirvi collezionisti, inscatolare ricordi e muovere all’emozione (qualsiasi emozione) chi vedrà i vostri lavori.
Ma soprattutto, avrete messo in scena uno spaccato della vostra identità in un determinato momento della vostra vita attraverso ciò che stava intorno a voi, e l’avete reso comunicabile al mondo esterno. Sarete stati artisti – veri e propri – perché quello alla fine è il compito dell’artista: interpretare il clima di un determinato periodo storico, rielaborarlo internamente dentro di sé, e quindi renderlo visibile condividendolo con gli altri.
*Ho ben poca stima per coloro che – sedicenti ‘artisti’ per la possibilità d’aver studiato nei mondi delle accademie dell’arte o per il riconoscimento loro tributato dal mercato (perché oggigiorno ‘arte’ sembra essere ciò che che i commercianti d’arte definiscono tale) – snobbano, umiliano, deprezzano le produzioni degli amatori, ovvero dei non-professionisti. E’ ovvio che la competenza tecnica sia legata alla pratica e quindi che più si pratica, sperimenta, lavora concretamente, qualitativamente migliore la produzione sarà, ma – detto questo – lo snobismo intellettuale dei primi 1) non solo a mio avviso è politicamente/umanamente profondamente fascista e antidemocratico, 2) ma alla fine mi fa perdere anche interesse/considerazione/rispetto verso tali artisti in sé perché questi, in assenza di stimoli e dialogo con l’esterno, e concentrati piuttosto nel perdersi onanisticamente nella contemplazione della propria arroganza, ho ormai esperienza pluridecennale che tenderanno a produrre opere sempre più sterili, anaffettive e ripetitive…